Da oggi, gli amministratori potranno contare su strumenti più potenti e precisi per gestire le loro comunità e su cospicui finanziamenti da parte del social network. Al Communities Summit Europeo che si è tenuto a Londra è stato annunciato il Facebook Community Leadership Program, un programma globale di investimenti a favore di coloro che creano comunità, un bando con cui Menlo Park assegnerà un milione di dollari ciascuno a cinque progetti di grande rilevanza globale e 50 mila dollari ad altri 100 più piccoli. “Ma in realtà investiremo molto di più internamente”, spiega Chris Cox, responsabile Product Management, Design e Marketing. Raddoppierà il numero di persone che lavorano su quelle che il social network definisce “integrità e sicurezza”: da 10 mila passeranno a 20 mila in tutto il mondo. “Il 2017 è stato un anno difficile per Facebook: abbiamo dovuto misurarci con questioni complesse come le fake news, la violenza, il nostro ruolo nel giornalismo, e più in generale il nostro ruolo nella società. Abbiamo delle squadre dedicate per ognuna di queste tematiche, ma soprattutto abbiamo una nuova strategia: vogliamo migliorare le cose buone che abbiamo costruito in Facebook, unire le persone e aiutarle nel loro sforzo di costruire comunità che abbiamo un valore”.”Meaningful” è l’aggettivo più usato: “È un luogo dove ciascuno si sente sicuro, protetto e aiutato dagli altri”, spiega Cox. Si parte da un tema comune, ma per il resto nei gruppi la regola è lo scambio di idee: “Unire e costruire ponti, sono le due funzioni principali di un gruppo, osserva Cox. “Esiste ad esempio a Londra un gruppo di persone che portano a spasso il cane in un certo parco, ma sulla bacheca e fuori è normale che si discuta spesso di Brexit”.
Nicola Mendelsohn, vicepresidente di Facebook per Europa Africa e Medio Oriente, ha scoperto qualche tempo fa di essere malata di una forma di linfoma rara e non curabile, ma non si è persa d’animo: “Ho cercato su Facebook e ho scoperto un gruppo di persone che si scambiavano esperienze e consigli, così mi sono iscritta, ho mandato un messaggio all’amministratrice, che si è molto meravigliata. Ci siamo conosciute, le ho raccontato la mia storia, e oggi sono co-amministratrice del gruppo”. Che esce dalla rete e diventa una comunità di uomini e donne, ciascuno con il suo volto e la sua vicenda, pronti a incontrarsi e sostenersi anche nel mondo reale.
A Londra sono presenti oltre 300 “community leader” da tutta Europa. I Paesi con il maggior numero di persone che usano i gruppi sono Regno Unito, Turchia, ma ne esistono molti e molto popolari anche nel Nord Europa. Al Communities Summit (il secondo, dopo quello di Chicago lo scorso anno) l’Italia è rappresentata tra gli altri da Fightthestroke , comunità di supporto per i giovani sopravvissuti all’Ictus e per le loro famiglie; MissBiker , il più grande gruppo di donne italiane appassionate di motociclismo; Social Street International , che offre l’opportunità a chi vive nella stessa via o quartiere di conoscersi e aiutarsi reciprocamente.
Come ha dichiarato Mark Zuckerberg un anno fa , la costruzione di una comunità globale che funzioni inizia dalle milioni di piccole comunità e strutture sociali che aiutano a condividere emozioni e bisogni. Per questo Facebook offre “prodotti” appositi: i Gruppi, le Pagine e gli Eventi. Così se il social network era solo uno strumento per rimanere in contatto con amici e parenti sparsi nel mondo, poi un posto dove allacciare amicizie e relazioni, ora nella mente di Zuckerberg diventa un esperimento colossale, il tentativo di costruire un mondo di relazioni e strutture nuove. Dove come sempre sarà difficile trovare un punto di equilibrio: i gruppi possono essere aperti, chiusi o segreti, e in quest’ultimo caso non è possibile escludere ad esempio che servano per diffondere proclami terroristici o posizioni discriminatorie e violente. “No, è vero – concede Cox – ci affidiamo all’intelligenza artificiale per identificare immagini e simboli sospetti, poi indaghiamo, ma c’è ancora moltissimo lavoro da fare”. D’altra parte, che i gruppi siano segreti e che l’identità dei membri non sia pubblica è l’unico modo per affrontare tematiche molto personali, come ad esempio l’alcolismo o la condizione di omosessuale in Paesi dove essere gay significa rischiare il carcere se non la vita.
“Quello che fate è un lavoro che unisce le persone sulle base delle cose più importanti per noi: l’amore le passioni, gli interessi. Il vostro lavoro rende migliori le vite di tanti esseri umani”, chiosa Jennifer Dulski, responsabile globale dei gruppi di Facebook. Poi, certo, a voler pensar male si può immaginare che così arriveranno al social network più grande del mondo altri dati e informazioni, raccolti con precisione micrometrica e magari utilizzabili per pubblicità miratissime. Però l’idea è chiara: sperare che l’esempio di civile convivenza, di aiuto reciproco, di autorganizzazione dei gruppi si diffonda su Facebook e contribuisca a rendere meno pesante l’atmosfera, e serva magari anche per avviare una narrativa nuova e positiva, sviando l’attenzione da fake news, bullismo, account falsi, influenze politiche.
Fonte: www.lastampa.it