Piovono assegni da miliardi sulle fintech, le società finanziarie che rendono possibili i pagamenti elettronici, la raccolta di capitali o i prestiti al consumo, tutto rigorosamente online. E senza quasi mai passare dalle banche. A livello mondiale, nei primi tre mesi di quest’anno le fintech hanno ricevuto 5,7 miliardi di dollari come investimenti, quasi la metà dell’importo del 2015 (vedere la tabella). Verso l’Asia si sono indirizzati 2,6 miliardi mentre in Europa sono andate a buon fine 47 operazioni per un valore di 300 milioni di dollari e negli Usa sono 128 i deal chiusi, pari a 1,8 miliardi. «Ad aprire i portafogli sono venture capitalist, club di business angel e fondi specializzati», spiega Luca Scali, direttore di Hub21, incubatore e centro studi con sede ad Ascoli Piceno che ha realizzato la ricerca «Fintech: i trend della finanza digitale». Uno sguardo sul mondo e una mappa sulle startup italiane. «La crescita in Asia è impressionante: basta pensare al Giappone dove decine di milioni di persone usano lo smartphone per i pagamenti», spiega l’esperto. Che presenta i probabili protagonisti del futuro: «Ci sono oramai molti unicorni, le imprese neonate che vantano già una dotazione di capitale miliardaria», afferma Scali, «nomi magari sconosciuti al grande pubblico in Italia. Come l’olandese Adjen o l’americana Stripe, una sorta di Paypal ma più evolute: permettono di fare bonifici istantanei e di avere il carrello acquisti sul telefonino.
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